martedì 25 giugno 2013

Back to school 15: una cosa molto difficile


"Il vero abbiccì della letteratura consiste in questo, nell'imparare a descrivere le cose, i processi;  per esempio, è molto difficile descrivere a sole parole, senza disegno di sorta, come si fa un nodo con una corda" (Il mestiere dello scrittore e la sua tecnica, Viktor Sklovskij, Firenze, Liberal Libri, 1999) 


Il nodo margherita è una cosa che so fare e, anche se è anni che non ci provo più, lo potrei fare di nuovo, qui, sul momento, con qualsiasi filo.
È il primo nodo che mi è venuto in mente. Ne so tanti altri: il nodo Savoia, il cappio, il nodo inglese, quello a bocca di lupo, il barcaiolo, il nodo piano, il cappuccino, la gassa d’amante, che ha un nome strano eppure è semplicissimo, ma il nodo margherita lo saprei fare a occhi chiusi adesso.
Lo sapevo fare a occhi chiusi, per davvero.
Però a spiegarvelo mi ci perdo subito, perché non ho il lessico, le parole giuste, i termini esatti mentre lo specialista, l’esperto, lo riconosci sempre dalle parole un po' difficili che dice mentre parla di cose che tu chiami in un altro modo. 
Per esempio, l'altro giorno avevo in casa un idraulico che mi montava un rubinetto. Quando ha finito sulla fattura c'ha scritto 1 miscelatore, e io credevo che m'avesse montato una roba diversa da quella che volevo. Allora ho aspettato che uscisse dall'uscio e poi sono andato a guardarlo bene. Era un rubinetto ma lui lo chiamava così, miscelatore. Anche se non mischia niente, direi...
Comunque, quando c'era da fare i nodi, io ero solo un copione, stavo zitto, tutto occhi, neanche ascoltavo. Guardavo, provavo, scioglievo e rifacevo di nuovo. Ho imparato così, copiando, e quindi farò un po’ di fatica e forse vi perderete per strada mentre procedo.
Ma prima di spiegarvelo, un’altra cosa c'è da dire: il nodo margherita è considerato un nodo di accorciamento. Cioè: per tenere una corda in tensione, invece che tagliarla e riannodarla di nuovo, basta fare un nodo margherita. Più grande il nodo, più tesa rimane la corda e più regge il legame.
Anche se, ora che ci penso, il nodo margherita è un nodo da barche a vela, mentre io son sempre stato solo su traghetti, motoscafi, al massimo pedalò. 
Non so nemmeno perché si chiama così.
Non credo che c'entri la regina anche stavolta, come per la pizza.
Comunque ora ci provo: Prendete la metà di una corda.  Prendete i due lembi estremi e piegateli uno in un verso e uno in un altro. La corda ora è come una Esse gigante e schiacciata. Con le dita della mano preferita prendete uno dei due lembi finali della corda, passate il lembo e fateci un giro e passate dentro al vostro stesso giro col lembo, facendo passare il lembo sotto il giro di corda poi tirate un po' il lembo verso l'alto sopra al giro di corda, dovreste avere creato una specie di cappio.  Ora rifate la stessa operazione a rovescio, con l'altro lembo andando a formare un cappio con l'altra parte dellla Esse gigante. Importante: ricordatevi di tenere leggermente in tiro il cappio superiore mentre state facendo quello inferiore altrimenti si scioglie. Il nodo margherita è un nodo di tensione, un nodo che cede quando una o entrambe le forze che lo tirano scompaiono.
Quando avete fatto anche sotto, prendete veloci i due lembi  della corda e tirate. Ecco il nodo.
Questo nodo l'ho imparato ai boyscout.
Quando ero ai boyscout c’era un mio amico che era bravissimo nel fare tutti quei tipi di nodi e altri ancora. Anch’io, dopo essermi impegnato tanto, gli ero arrivato vicino. I capiscout avevano più volte detto che ci sarebbe stata la gara di nodi e quell'anno ci eravamo allenati insieme per settimane. Alcuni si possono fare anche con una mano sola. Piano piano eravamo entrati in un clima agonistico pressante ma  leale, come tra scacchisti e c’era già chi scommetteva i paciughi o i gettoni ai videogiochi prima del grande giorno. Ma il giorno della gara entrambi ci ritrovammo impegnati in una partita di basket (e giocavamo pure nella stessa squadra), quindi la gara la vinse quello che in realtà, se noi fossimo rimasti lì e non fossimo andati, sarebbe di sicuro arrivato terzo.
Come dice il proverbio: tra i due litiganti, il terzo gode.
Eppure ancora adesso sarei curioso di sapere come s’è sentito quel vincitore di una gara senza i veri campioni. Avrà pensato di essere una persona fortunata e magari per qualche giorno si è crogiolato in quest’illusione? Oppure ha accettato la vittoria senza darci peso, come fosse per caso? Assenti i due grandi rivali forse avrà avvertito l’inutilità e il vuoto di quella vittoria. E sarà stato un perfetto nodo margherita umano.

Questo compito l'ho svolto per una bella rivista chiamata Tante Belle Cose che tra i temi del primo numero proponeva la descrizione di una cosa che si sa fare.
Ovviamente all'epoca del racconto, due anni fa, ero totalmente ignaro del consiglio che trovate in apertura. A volte, a me capita spesso a dirla tutta, uno si complica la vita da solo, meno male che almeno ci sono i libri a dirtelo.