mercoledì 26 dicembre 2012

Una fiaba dal Natale alla Befana: Sul fondale (1)

C'era una volta, e forse c'è ancora da qualche parte chissà, un bambino basso e curvo, mogio mogio ma molto dolce.
Il suo nome era Pietro Specifico ed era un tipo molto particolare, anche se lui questa cosa di esser particolare non lo voleva, diciamo che - come spesso dicono in questi casi - gli era toccato uno strano e misterioso superpotere: ogni volta che entrava nell'acqua, lui, se non si muoveva, piano piano, lentamente, affondava.
Nonostante non sia mai retrocesso dalla prima fila nelle foto di classe delle elementari e delle medie e anche se il fisico era asciutto e sottile come quello di un mimo, Pietro, inspiegabilmente, immerso nell'acqua, in barba al principio di Archimede, poco a poco, sprofondava, senza ragione.
I genitori, esimi scienziati, pertanto curiosi e molto perplessi, come la mamma di Achille, ma armati di cronometro e arpioni avevano provato in mille modi a capirci qualcosa o almeno trovare un liquido che fosse in grado di sostenere il peso inerte del loro unico figlio.
Con l'acqua di mare. No.
Con l'acqua di lago. Niente.
Di fiume. Nulla. Di ruscello. Nada. Di canale. Affatto.
Al battesimo, senza dirlo al prete, perfino con l'acqua santa. Nix.
Acqua del Mar Morto. Ci avevano creduto per mezzo secondo. Tutti e tre. Poi all'improvviso i piedi e le gambe andarono sotto così rapidamente da mettere Pietro in verticale che come un Titanic in miniatura riuscì a dire a mamma e papà: Non posso morire! devo ancora finire di leggere il fumetto che mi ha prestato Victor Ugo Malinconico! L'uomo lavastoviglie contro il suo acerrimo nemico, l'uomo calcare! ...Ma se muoio, non restituiteglielo!
All'ultimo tentativo il padre stava per gettarlo nel silos trasparente pieno di gelatina al lampone ma all'ultimo minuto ci ripensarono e decisero di sospendere il ciclo di esperimenti, con grande rammarico del pubblico che si era venuto a creare. Per non parlare degli scommettitori...

Ma purtroppo era così. A Pietro non bastavano braccioli, salvagente, gommoni e nemmeno tavolette di spugna: se non si muoveva Pietro andava a fondo, solo e triste come una bottiglia vuota. Per questo, ma anche perché gli piaceva, era imbattibile a nuotare. Nessuno nuotava meglio di lui, e pure a trattenere il fiato era davvero un campione: Pietro riusciva a stare senza respirare anche due minuti interi, se voleva.
L'aveva scoperto a quattro anni quando la mamma si era dimenticata di agganciarlo al bordo della vasca. Mentre cominciava inesorabile a scendere in fondo alla vasca, Pietro aveva chiuso gli occhi, preso una bella boccata d'aria e poi aveva iniziato a pensare, ma forte, forte forte - come quando non vuoi sentire altro che la tua voce mentre sei in mezzo a tante persone, come alle feste - Io sono un sasso, un sasso, un sasso e un sasso. Io sono un sasso, un sasso, un sasso e un sasso. Io sono un sasso, un sasso, e così via. E aveva funzionato. Intorno a lui, ora, c'erano solo pace e silenzio, come forse doveva essere stato il mondo prima che tutto iniziasse.
Sfortunatamente la mamma, entrata di corsa, tutta trafelata, non sentendo schizzi e rumori, trovandosi davanti solo una montagna di schiuma bianca e soffice, non la prese così bene, ma le mamme, si sa, si spaventano con poco. Pietro ricorda ancora con un sorriso la faccia allungata della mamma che ha visto da sott'acqua, buffa come una maschera, disperata come in un quadro famoso dove c'è un omino che passeggia su un ponte e poi si porta le mani sulla faccia e apre la bocca in un grido infinito. A Pietro sarebbe piaciuto quel disegno in camera, ma non sapeva dove comprarlo, e neppure mamma e papà al momento sapevano essere precisi al riguardo...

Ma c'erano delle volte in cui Pietro diventava triste, molto triste, quasi come il suo compagno di classe Victor Ugo Malinconico. Gli succedeva sempre quando a scuola guardava dalla finestra gli uccellini oppure quei branchi di nuvole bianche come pecore scorrere rapide nel cielo, o le navi con le vele tese e gonfie scivolare placide su quelle immense distese d'acqua che per lui sarebbero state sempre impossibili da attraversare.
O forse no?

(fine prima parte)

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Karl Kraus