giovedì 13 settembre 2012

Sturiellett: un matrimonio e tre letti

Sabato scorso c'erano degli amici musici che erano stati ingaggiati a un matrimonio epico e fiabesco in quel di Reggio Emilia tra una Ravennate di nascita e Toscana d'adozione e un Ucraino di nascita e Polacco di famiglia. Gli amici musici chiedevano pernottamento, per loro due e per la morosa di uno dei due. La morosa dell'altro era a Roma.
Quindi tre letti. per una notte. La notte del matrimonio. Perché poi il giorno dopo avevamo, i musici e noi Barabbas, la lettura con le mondine, quindi che senso ha tornare a casa e poi andare a Modena se sei già in zona? 
Quindi un matrimonio e tre letti.
E il mio amore e io eravamo tra gli invitati, al matrimonio. Il mio amore per la prima volta, o quasi, sui tacchi. Infatti.
Il mio amore è poi qualcosa di incredibile. Così incredibile che chiunque la guardi pensa che sia alta almeno 10 centimetri in più della sua statura. Io stesso, nella mia testa, quando la guardo, la vedo alta come me. E non sono l'unico. Dev'essere una sorta di vertigine collettiva.
L'altra sera però era davvero alta come me. E rischiosamente, vi dirò.
Ma alla fine ce l'abbiamo fatta. Tornati a casa salvi e felici.
Ma casa nostra, a Correggio, per ora, non ha letti in surplus. un matrimoniale e un divano. Punto.
Quindi avevo chiesto ai miei genitori di ospitarli per una notte. Mio fratello, che ha un letto matrimoniale, dormiva dalla sua morosa e così la coppia era a posto. Il musicista single invece si sarebbe dovuto accontentare del mio vecchio e caro soppalco. Tutto a posto, ma.
Ma la morosa di uno dei musici, la morosa prevista, non è poi arrivata, causa imprevisto.
Accompagniamo i musici a casa dei miei, a Carpi, dopo una serata piacevole iniziata con mazurke e finita con frenetici giri di superalcolici innescati dalla proverbiale domanda che ogni romagnolo vuole fare a uno dell'Est: "Ti piace la wodka?"
(Quella sera abbiamo scoperto anche che acqua in polacco si dice woda, praticamente una kappa in meno.)
Risposta: "Sei tu uomo?"
E così sia. 
Storti e sorridenti scortiamo i musici a casa dei miei.
Riassumiamo: tre posti letto, due musicisti, una madre insonne che il giorno dopo, praticamente tre ore dopo il nostro arrivo, si sveglierà per andare in montagna in moto. (Sì, ho dei genitori bikers, e ne vado molto fiero).
Gli ingredienti ci sono tutti, a ben vedere.
Entriamo in  casa, scopriamo mia madre sveglia sul divano a leggere, presentazioni a mezzavoce (anche perché mio padre è di quelli che se alle cinque ti devi svegliare, alle due dormi) e momento totocamere.
Madre: "Allora qui c'è il matrimoniale."
Musico 1: "Ci vado io. Grazie e buonanotte."
Madre: "Buonanotte. E qui, in questa stanza c'è il soppalco."
Musico 2: "Perfetto."
Madre: "Ma sei sicuro? non volete dormire insieme?"
Musico 2: "Perché? va benissimo così. Anzi, grazie mille!"
Madre: "Ma ti senti sicuro lì? Metti che parte una scossa, come fai?"
(in effetti non ho pensato a come sarebbe stato beccarsi la scossa del 20 maggio sospeso a quasi 2 metri d'altezza.)
Musico 2 (sfoggiando impavido coraggio romagnolo): "Ma no! ma cosa vuoi che succeda, ormai. Va benissimo così. Davvero. Buonanotte. Grazie."
Madre: "Va bene, buonanotte allora."
Mia madre va a letto e nel dormiveglia penserà: "Guarda che carini questi amici gay di mio figlio. Sono così discreti che pur di non turbarci non dormono insieme."

(I musici mi hanno concesso l'autorizzazione a renderli noti: essi sono i Gianluca e le cose, dove Gianluca è il contrabbasso e i due musici sono le cose pensanti e suonanti chiamate Fabrizio Chinaglia e simone rossi, che è pure scrittore pubblicato e selfpubblicato e lo trovate qui.) 
    

lunedì 10 settembre 2012

Back to School 16: scrivi l'incipit di un racconto o un romanzo

Il finestrone a piano terra dell’istituto è bello grande, di quelli a tre ante, che ci puoi vedere tutta la vallata fino a Giulianova. Manlio l’ha appena richiuso e adesso torna alla sua tazza di tè. L’odore di neve è scivolato dentro immediatamente, mescolandosi al tanfo di disinfettante della stanza. L’unico rumore adesso lo faccio io. Clic-clac, clic-clac, sempre e solo clic-clac. Sto attaccando le fibbie a queste borse no-profit, una cosa che riesco a fare ad occhi chiusi. Ma i miei occhi sono aperti, mi servono, voglio capire perché Manlio ha gettato la sua clip fermasoldi dalla finestra. Beve qualche sorso, ma non ha paura di scottarsi, e subito s’affretta a sputazzare i pezzettini di limone che ci son caduti dentro. Sembra che stia pensando a qualcuno o qualcosa, qualcosa di molto lontano da qui. Appoggia la tazza e torna di nuovo verso la finestra.
Eccolo lì” dice. Sembra rassegnato, come quando ci guarda dopo che abbiam fatto un danno. Non ho bisogno d’avvicinarmi, ho ancora gli occhi buoni io, non come i suoi, deboli e rossi, bacati a furia di star sopra a dei libri vecchi.
Anche se fuori è buio lo vedo bene Juan, lo riconosco da qua. È l’inserviente del primo piano, magro magro, con una faccia piatta e i capelli lunghi legati con la coda. Insieme agli altri lo chiamiamo el Matador, anche se è del Venezuela, ma ogni tanto improvvisa delle giravolte, mentre schiva le  cariche scomposte di Uccio e Gelo, e così il soprannome gli è rimasto. Juan è un’ombra nera contro la neve delle colline sullo sfondo, ed è scalzo, indossa solo quei buffi maglioni di lana grossa che da qualche ora tutti si sono affrettati ad indossare mentre sotto è nudo, gracile come uno stecco, sembra uno di noi quando ci portano a lavare. Si muove piano piano, nonostante le nuvolette di freddo che fa il suo respiro, sta cercando qualcosa e Manlio allora ha un brivido, apre un’anta del finestrone e mentre Juan è chino sullo stesso punto dove la clip è finita urla: “fermo! non lo fare!” Juan gira la testa, la coda che gli penzola di lato.
Non posso vedere la faccia da qui, posso solo immaginare l’espressione da simpatica canaglia che starà tirando fuori, quella solita del furto dell’ultima brioche o del mazzo di carte requisito ai ragazzi per poi usarlo in guardiola con i sorveglianti della notte. Ma qualcosa non torna, el Matador comincia a mugugnare, lancia qualche rantolo mentre si rialza e comincia a vorticare, non sono le sue solite piroette, sembra una strana danza alla luna, come quelle dei film western coi pellerossa in cerchio, ma lui è da solo, si agita, come per uno degli attacchi che aveva Ester, sempre più velocemente e poi, di colpo, crolla.
Scatto in piedi, m’avvicino a Manlio, non so cosa fare, guardo lui e il corridoio, sto per correre fuori verso l’uscita ma Manlio mi prende per il braccio, una presa delicata, da femminuccia rachitica, e mi dice: “è tutto inutile oramai, torna al tuo posto, a Juan ci penseremo noi.”.
Il volto di Manlio è triste, sembra che stia ancora pensando a qualcosa di lontano. Mi devo fidare di lui, per el Matador non c’è più niente da fare, come per tutti quegli altri. Manlio richiude l’anta, sospira e qualche sibilo passa tra i denti sgranati che si ritrova in bocca. Immobile mi guarda, dall’alto in basso, e a bassa voce scandisce: “Pecunia non olet sed necat… il denaro non sporca ma uccide, adesso”. Poi coi guanti di lana cerca di prendere il manico della tazza di tè ancora caldo.


Con questo i miei compiti sono finiti, la storia descritta qui sopra invece sta andando avanti, forse, chissà...la prossima settimana qui in Emilia le scuole riaprono, sembra di aver capito. Quindi Welcome Back to School e buon anno, a tutti, non solo agli studenti, perché, come diceva quello, Nella vita gli esami non finiscono mai.



venerdì 7 settembre 2012

Sinistrismi 12: a una turista sventurata

Domenica eravamo nella libreria Piccolomini, che è una stanza lunga e alta incistata nel lato sinistro del Duomo di Siena, piena di dipinti di Pinturicchio & co.
Per visitarla, dato l'alto numero d'interessati, c'è un giro obbligatorio da fare, rigorosamente orario, partendo da sinistra.
Non bastano i cartelli in doppia lingua, ci sono pure le guide e gli inservienti a consigliare la corretta circumnavigazione della sala.
Ma se sei crucca, non c'è modo.
All'entrata, notando la tua indecisione, tutti ti sorrideranno e a gesti cercheranno di mandarti in direzione del flusso. Invece tu, caparbia come solo la tua stirpe sa di essere, sorpasserai chi ti voleva aiutare e indicando di voler andare a destra, ti perderai nel mare controcorrente, sfidando la sorte, sorbendoti tutti gli urti di chi, col naso per aria, non pensa d'incontrare ostacoli davanti a sé.
Nella marea un ciuffo di capelli castani slavati e le inconfondibili calze violette sandalate.
Ci piace ricordarti così  

lunedì 3 settembre 2012

Back to School: descriviti in 5 righe

Da piccolo, guardando le coste di Africa e Sudamerica ho immaginato una Pangea prima che me la insegnassero a scuola.
L'altro ieri mi hanno rispiegato come funziona, esattamente, l'asciuga insalata.
A mio nome possiedo solo una Fiat Panda grigia, che mia madre sta finendo di pagare.
Quest'anno come maestro di vita ho avuto un bambino che si morsica, mi graffia e ogni volta che vuole dire "cannuccia" rischia un embolo.
Una volta mi son ritrovato un nodo in un pelo sotto l'ascella e ancora oggi non mi ricordo perché me lo sono fatto.


Questo compito andrebbe rifatto ogni 9-12 mesi, tanto per vedere come si sta, tipo termometro, carotaggio umorale.