giovedì 31 gennaio 2013

Una fiaba dal Natale alla Befana: Sul fondale (4)

Riassunto delle puntate precedenti:
Pietro Specifico, il ragazzino che affonda senza fatica, ha cominciato la sua discesa nel mare. 
E siamo già al gran finale. La prima puntata è qui. La seconda qui. La terza è qui.

Ad ogni passo Pietro affonda ormai fino alla caviglia. Il blu intorno a lui ha smesso di assomigliare al tubetto che usa quando colora il mare che disegna come una fila sterminata di corone.  È diventato più scuro e molto più freddo.  La pressione dell'acqua intorno e sopra di lui ha raggiunto un livello insopportabile. Pietro è costretto ad arrancare, una mano sul tubo, l'altra a tappargli il naso per permettergli di decomprimere e stapparsi le orecchie. Pesci non ne scorge più, ma neppure le alghe sembrano aver messo casa in questa parte del mare. Strano, - pensa - sembra una scalata a rovescio, ma la fatica rimane. Non mi sento tanto bene. E chissà se avrò abbastanza metri ancora per arrivare in fondo...ho solo voglia di dormire...

"Pietro?" dice vicino una voce, in un sussurro. 
"Chi... chi è?..."
"Io Pietro, son qui."
"Qui dove?"
"Qui, guarda su!"Pietro alza lo sguardo, e non sa bene cosa vede. Vede una cosa bianca, sottile, al centro di un alone. Quella cosa è luminosa ma di una luce tenue, come quella delle lampadine che mamma e papà mettevano nella presa della corrente quando aveva paura del buio. Un fantasma, Pietro pensa subito. Non nuota ma fluttua. Come se stesse volando. Bianca è bianca. Non ne vedo il volto, Ok, è un fantasma. Ed è pure femmina, cioé, è un lenzuolo sottile avvolto intorno a una femmina, quello Pietro lo capisce, da alcuni "dettagli". Ma è sicuro che tolto il lenzuolo, sotto non ci troverebbe niente, come i palloncini dei luna park. Certo, pensa Pietro, ci vado io in mare, perché non dovrebbero esserci anche loro, i fantasmi?  
In  questo momento Pietro dovrebbe avere paura, ma non ci riesce. Pietro è arrossito. Questa voce, la voce della cosa bianca, è una voce dolce, che fa carezze. È la stessa, identica, voce della ragazzina, lentiggini-nasinobottone-occhiverdi-ricci rossi, in terza fila, che a Pietro chiede sempre il temperino e in risposta lui  sorride, sorride sempre, muto mutissimo mentre glielo consegna, con minuscola unione dei polpastrelli, però poi abbassa sempre lo sguardo. Ma sorride ancora.
E anche qui, riflesso condizionato, sorride talmente tanto che un altro po' gli scappa il tubo e chiede, flautato, rapito: "E tu, chi sei?"
"Sono Elenzuola, la fatina."
"La fatina?"
"Sì, la fatina dei letti disfatti, Elenzuola, proprio io Pietro. Sai quando stai facendo un sogno bellissimo, di quelli che corri per un prato che non finisce più oppure stai combattendo contro il drago o stai cercando un tesoro nascosto, volando come superman, e suona quella orribile sveglia, e tutto si rompe in mille pezzi e devi scappare a scuola? Ecco, quando te ne vai io resto lì, m'infilo nel tuo letto caldo, e comincio a rimettere a posto il tuo sogno in mille pezzi con colla e scotch. Non hai idea dove possono cacciare i pezzi più piccoli, ci sono schegge dappertutto e se non rimetti a posto tutti i pezzi non gira mica, sai? Quella del salto in botte dalle cascate del niagara mi stava facendo impazzire... devi smetterla di vedere certi documentari alla sera..."
"Uao..." dice Pietro "quindi è merito tuo se poi alla sera posso riprendere a sognare esattamente dal punto in cui mi avevano interrotto la sera prima? grazie! grazie mille!
"Figurati... come dice la fata turchina: È un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo! Ma tu piuttosto, cosa ci fai qui?"
"Lo sai no? ogni volta che entro in acqua io non riesco a galleggiare ma vado giù. Sempre. E allora ho pensato di scoprire perché. O almeno fino a che punto posso arrivare."
"Uhm, ma dici davvero? c'era scritto sul dossier, ma mi sembrava troppo strano, sei sicuro che sia una cosa fisica?"
"Cioé?"
"Cioè che sia una cosa proprio del tuo corpo e non una cosa diversa."
"Non lo so, dici?"
"Dico... ma andiamo avanti, vuoi, giusto?"
"Ah... sì."

Mentre procedono Pietro si sente molto meglio. Non è più solo e si sente sereno, radioso. Certo, il buio all'orizzonte è diventato nero come lo spazio tra le stelle, ma lui, lui la sua stellina ce l'ha, che gli parla, e c'ha pure un nome, Elenzuola. 
Tecnicamente poteva anche dire ai compagni di classe che finivano nello stesso letto, così sicuro avrebbero smesso di chiamarlo Il Pilone, nessuno avrebbe sottilizzato sul come e quando,  ma solo a pensarci era diventato rosso come un'aragosta. Intorno l'acqua è diventata pece e solo grazie alla fatina Pietro sa che il prossimo passo sarà sulla sabbia e non in un precipizio.

Dallo sfondo, che ormai è nero nero, compare una lucina, minuscola. Che ondeggia, lentissima. Elenzuola e Pietro si fermano di colpo. 
"Guarda!" dicono insieme, poi restano lì, col fiato sospeso. 
Anche Elenzuola, si vede perché il telo che la avvolge non si muove.
Poi, senza parlarsi, avanzano ancora di qualche passo.
E alla prima lucina se ne aggiunge una seconda, poi una terza, una quarta, una quinta, finché tutto l'orizzonte non sembra una fila danzante di lucine dell'albero di Natale.
"Siamo arrivati" dice in un soffio Elenzuola "Eccoci sul fondo del mare"
"Davvero?" 
La voce di Pietro dovrebbe essere quella di chi ha raggiunto la meta, ma è una voce delusa, anche se rapita dallo spettacolo che ormai lo sta circondando.
"Vieni, andiamo a vederli da vicino" dice Elenzuola porgendogli un lembo del telo.
"Sicura che mi puoi sollevare? Guarda che sono pesante e tu, tu sei inconsistente, no?"
"Vuoi vederli da vicino o no?"
"Certo, ma chi sono? li conosci?"
"Sì, in un certo senso..."
E allora Pietro si aggrappa al lembo e in un lampo si ritrova sospeso, fluttuante, accanto a Elenzuola, in questo fantastico valzer di luci in fondo al mare. Pietro solo nei sogni ha saputo cosa vuol dire stare sospeso e ora che finalmente si trova a galleggiare, non ha parole per esprimere questa sensazione da così tanto tempo aspettata.  

"Pietro, questi sono gli ultimi abitanti del mare, forse non sono stati i primi a viverci, ma sicuro saranno gli ultimi. Vivono qui da prima che le scimmie iniziassero a contarsi le dita, vivono qui da quando è iniziata la vita su questo pianeta e sono qui da sempre. Sono gli estragoni, i pesci lanterna."
E mentre Elenzuola parla, in sussurri, Pietro e lei sfilano in questa galleria di occhi neri e denti aguzzi e sguainati con in mezzo alla fronte una lucina che li guida e orienta, ghigni furiosi innestati su minuscoli corpi. Maschere di un carnevale andato a male, che dura da millenni.  
"N-non ci possono sentire vero?" chiede Pietro, ora davvero terrorizzato.
"No, se non facciamo troppo rumore, non hanno orecchie, l'unico modo che hanno per sentirci è entrare nel loro alone di luce, cosa che ti consiglio di fare... però ti racconterò il loro segreto..."
Pietro, dallo stupore e dal terrore, non sta respirando, ma con due muscoli delle sopracciglia fa capire alla fatina di andare avanti.
"I pesci lanterna, gli estragoni come li chiamiamo noi, sono qui... da sempre... perché non hanno mai visto al di là di quello che hanno davanti... quella luce che invece di aiutarli... li tiene qui immobili da milioni di anni... Non hanno mai capito di essere loro la fonte della luce... e credono sempre che tutto ciò che gli passa vicino venga inviato dalla luce per aiutarli o sfidarli... E restano qui in attesa che la luce mandi loro qualcosa, ancora, tra un'ora o tra un anno, da secoli e secoli. E sono sempre uguali a se stessi, e non cambiano mai mai mai... E tu, forse, sei stato un po' come loro."
"In che... in che senso, scusa?" all'orrore dentro Pietro si stava mischiando anche un po' di corruccio, ma giusto qualche strisciolina.
"Nel senso che... a volte... la cosa migliore è cominciare a guardare le cose in modo nuovo... come hai iniziato a fare da quando sei qui in mare."
E qui Elenzuola libera di colpo il drappo dalla mano contratta di Pietro, che se potesse, farebbe pure lui gli occhi tondi e giganti degli estragoni, ma poi sente che non sta cadendo giù. Sta ancora galleggiando. Senza l'aiuto della fatina. 
E forse. 
Un sorriso. Un sussurro. "Grazie fatina". 
Ancora un momento, immobile e opaco al centro di questa girandola luminosa.
Poi Pietro alza gli occhi e guarda tutta questa distesa infinita d'acqua sopra di sé.
Com'è profondo il mare, pensa. 
E lentamente, senza muoversi, comincia a risalire.

Nessun commento:

Posta un commento

Le opinioni si riproducono per divisione, i pensieri per germinazione.
Karl Kraus