(la fotografia è sempre courtesy del prode Emiliano Zanichelli)
Fossoli è una frazione attaccata
a Carpi e come nomi di strade si divide in mari, scrittori, alberi, patrioti e,
ovviamente, tragedie.
Ora, in questi giorni, come nelle tragedie, Fossoli sembra appesa al secondo atto, quello in mezzo, quello dell'attesa.
Ora, in questi giorni, come nelle tragedie, Fossoli sembra appesa al secondo atto, quello in mezzo, quello dell'attesa.
Sì perché qui, a Fossoli, puoi
vedere la frangia dell'onda, se una cosa del genere esiste. È una retta
trasversale che passa sotto un bar, poi sotto il centro commerciale, giallo e
massiccio, poi una casa con bottega a piano terra, e una banca, un condominio,
una sfilza di villette a schiera nuove, e poi niente, perché Fossoli finisce,
la retta invece no, non sappiamo ancora dove finisce.
Le persone che non lavorano, per scampare al sole forte che ci ricorda ancora che dobbiamo guardare anche in su, vagano in cortile, si aggiornano sulla situazione dai vicini, osservano, s'incontrano per la via, chiacchierano su sedie di plastica all'ombra di piccoli alberi da frutto. Bambini e anziane cinguettano, senza mai alzare troppo la voce. Lo sguardo è preoccupato e fisso, anche se lampeggiano sempre dei sorrisi, forse un po' rassegnati. Le sedie sono disposte a semicerchio, ad anfiteatro, sempre in direzione della casa o della via.
Lungo le strade che, meno di una dozzina, compongono e racchiudono il piccolo centro abitato, a parte la crepa sotterranea che taglia di traverso l'arteria principale che collega Carpi a Novi, non ci sono criteri, ragioni, rassicurazioni visive o certezze evidenti.
Edifici di tre piani,
all'apparenza integri e compatti, sono circondati da un nastro sottile di
plastica, bianco e rosso. È una striscia ballerina e svolazzante sotto
il vento incerto, come avesse pudore di abbracciare troppo da vicino i mattoni
e il cemento. Dietro una delle saracinesche un cane vecchiotto sbuffa un
abbaio. Non è un allarme, non è un divieto, è una domanda stanca: c'è nessuno?
L'ex-campo di concentramento, muto, vuoto e scheletrito, è un reduce dai disastri, e come ogni veterano porta addosso i segni e mostra con livida precisione quel che è successo. Ad accoglierci in angolo c'è la prima casaccia con una lingua di mattoni e calcinacci che è scesa dalla parete fino ad arricciarsi in basso contro la rete metallica. È uno sberleffo, un gesto macabro. I casoni senza tetto, ormai abitati da alberi e arbusti, sparsi nel verde, come uccelli sporchi si sono squassati di dosso la propria stessa natura di macerie, di temporaneo rifugio dall'orrore. Le finestre sono solo buchi, bocche nere smangiate di maschere spaventate. Bocche nere di tragedia greca.
C'è un libro pazzesco, horror, e un po’ surreale, di un autore che nei giorni delle scosse si trovava in Italia. Il libro si chiama La Notte del Drive-in. La storia è semplice quanto atroce: un gruppo di ragazzetti va al Drive-in, quel posto che abbiamo visto solo in America, dove guardi il film senza scendere dalla macchina. E allora, mentre i nostri eroi stanno cominciando a godersi lo spettacolo, dal cielo spunta un mostro che imprigiona tutti i presenti nell’arena e poi saltano fuori i soliti strani mostri che cercano di assoggettare e uccidere gli umani che non riescono a fuggire mentre sul telo del cinema, sullo schermo, continua ad andare a ciclo continuo La Notte dei Morti Viventi. Il libro l'ho letto tutto d'un fiato in una notte. Forse è inutile dirvi che i nostri eroi alla fine ce la faranno e che riusciranno a uscire dal terribile Drive-in, ma quel che vi lascerà un po' di stucco sarà che uscendo dalla bolla, dalla prigione incantata del Drive-In, i ragazzi scopriranno che tutto il mondo fuori è cambiato, quasi alla stessa maniera.
L'ex-campo di concentramento, muto, vuoto e scheletrito, è un reduce dai disastri, e come ogni veterano porta addosso i segni e mostra con livida precisione quel che è successo. Ad accoglierci in angolo c'è la prima casaccia con una lingua di mattoni e calcinacci che è scesa dalla parete fino ad arricciarsi in basso contro la rete metallica. È uno sberleffo, un gesto macabro. I casoni senza tetto, ormai abitati da alberi e arbusti, sparsi nel verde, come uccelli sporchi si sono squassati di dosso la propria stessa natura di macerie, di temporaneo rifugio dall'orrore. Le finestre sono solo buchi, bocche nere smangiate di maschere spaventate. Bocche nere di tragedia greca.
C'è un libro pazzesco, horror, e un po’ surreale, di un autore che nei giorni delle scosse si trovava in Italia. Il libro si chiama La Notte del Drive-in. La storia è semplice quanto atroce: un gruppo di ragazzetti va al Drive-in, quel posto che abbiamo visto solo in America, dove guardi il film senza scendere dalla macchina. E allora, mentre i nostri eroi stanno cominciando a godersi lo spettacolo, dal cielo spunta un mostro che imprigiona tutti i presenti nell’arena e poi saltano fuori i soliti strani mostri che cercano di assoggettare e uccidere gli umani che non riescono a fuggire mentre sul telo del cinema, sullo schermo, continua ad andare a ciclo continuo La Notte dei Morti Viventi. Il libro l'ho letto tutto d'un fiato in una notte. Forse è inutile dirvi che i nostri eroi alla fine ce la faranno e che riusciranno a uscire dal terribile Drive-in, ma quel che vi lascerà un po' di stucco sarà che uscendo dalla bolla, dalla prigione incantata del Drive-In, i ragazzi scopriranno che tutto il mondo fuori è cambiato, quasi alla stessa maniera.
Prendetela come una metafora, perché questa è, ma noi, che siamo dentro a questa cosa che è successa il 20 e il 29 maggio, e che continua a ripetersi, più o meno, abbiamo dentro, anche se ci muoviamo, pedaliamo, studiamo, leggiamo, fatichiamo, ridiamo, mangiamo, facciamo l'amore e tutte le altre belle cose, questo stupore qui, questo sgomento, quello dei ragazzi del Drive-in, quando pensano che è tutto finito e invece sembra che tutto deve ancora cominciare. Di nuovo.
Questo stupore lo trovate a
Fossoli, lo trovate a Novi, lo trovate a Carpi, lo trovate in tutte le zone e i
paesi colpiti più o meno ferocemente da questa tragedia.
Fossoli intanto attende, trattiene il respiro, un po' stupita, ma comunque si muove. Con discrezione, in silenzio, manda uomini, donne e ragazzi a salire sui tetti, senza imbracature, senza permessi, a montare sostegni, a valutare con martelli e metri, ad ammassare comignoli e macerie in cumuli così precisi, da farteli sembrare costruiti, montati apposta. Fossoli vuol cambiare la storia, vuol cambiare copione, tramutare tutto in commedia, e sa che può riuscirci. Fossoli è un coro, come tutti noi nelle nostre piccole cittadine, che canta una ninna nanna per addormentare i mostri, per lasciarli fuori dall'entrata.
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Le opinioni si riproducono per divisione, i pensieri per germinazione.
Karl Kraus