domenica 30 dicembre 2012

Una fiaba dal Natale alla Befana: Sul fondale (2)


Riassunto della puntata precedente: 
Pietro Specifico è un ragazzino magrolino, basso e curvo che sorride quando sta annegando. Il problema è che gli capita spesso, essendo il suo corpo per natura incapace di galleggiare. La puntata se la volete leggere la trovate qui. Ora riprendiamo da dove eravamo rimasti... 

Il mare visto dalla finestra dell'aula, in maggio, alla terza ora, quando aspetti la ricreazione... credo che sia un magone che solo chi ci è nato vicino potrà capirlo bene, ma proviamoci. Il mare visto dalla finestra dell'aula, mentre il sole sbirluccica e colora le onde e ti rimbalza sul banco e ti abbaglia il foglio... riproviamo. Il mare visto dalla finestra, con l'aria tersa, gli uccellini in volo, le coppiette felici che passeggiano mano nella mano ti fanno pensare al paradiso. Al paradiso sceso finalmente sulla terra. O meglio. Il mare visto dalla finestra dell'aula col sole che sbirluccica, gli uccellini che volano e le coppiette che si baciano mentre la prof. di algebra dice flemmatica  "Adesso interroghiamo. A caso." ti fa certamente capire che paradiso e inferno non solo possono coesistere ma che sono divisi da una guaina minuscola, esile. Un sottilissimo centimetro di vetro, della finestra dell'aula di un giorno di sole al mare.

E quel mare, prima che finisca la scuola, Pietro lo vuole andare a ritrovare. Da solo però. Che gli altri non vogliono venire con lui, senza accompagnatori. I suoi compagni infatti dicono E se poi affondi Pilone? Nessuno di noi riesce a ritirarti su, neanche Costamagno che è campione regionale di lancio della caciotta. 
Pilone è il nomignolo affettuoso con cui i suoi compagni hanno preso a chiamarlo. Carini.
Pietro Pilone però non demorde. Da qualche parte, un cartone animato, un documentario su Jaques Costeau, o un'idea di suo padre, non si ricorda bene, ha trovato un modo per andare fino a giù e scoprire come fare a smettere di affondare.
La soluzione è semplice quanto economica. 
La preparazione però richiede precisione, sangue freddo e fiato.
Cento palloncini extraresistenti. Svariati tubi di gomma per dare l'acqua in giardino (Nettuno benedica le ringhiere basse delle villette a schiera). Nastro isolante. Pinne. Maschera e Boccaglio. Carrettino per il trasporto del succitato materiale. N.B. I palloncini devono essere già gonfi a) per evitare di perdere tempo prezioso giunti sulla spiaggia b) per occultare come Ulisse i tubi di gomma sotto gli sguardi polifemici dei vicini giardinieri-in questo momento davvero-mancati.

La prossima volta, se ci sarà una prossima volta, si porterà la slitta da neve, che solcare la spiaggia con il carrettino, sembra facile, ma non è. Istintivamente ha scelto un punto non visibile dalla sua finestra della sua aula della sua scuola. Tutto questo possesso lo stanca. Il luogo prescelto è un piccolo agglomerato di scogli e rocce con alle spalle dei terrapieni artificiali, spianati e innalzati a suon di ruspe e bulldozer per un ristorante a picco sul mare che la crisi rimanda e che ormai vive solo nei sogni di Ciro il poeta pizzaiolo. I tubi sono stati uniti uno all'altro e l'ultimo o il primo, scegliete voi, è stato otturato dal boccaglio. Nastro isolante ad libitum e con abbondanza nei punti critici. I palloncini sono stati distanziati col calcolo geometrico: più sono vicini a Pietro e meno sono, più sono lontani e più si raggruppano. Aveva pure pensato a una boa, poi però ha immaginato il rumore e la confusione che avrebbe fatto e ha deciso di lasciarlo a casa, Hector, il persiano castrato di nove chili che ciondola per casa di Victor Ugo Malinconico.

Tutto è pronto. Pietro "Pilone" Specifico, indossate pinne, maschera e boccaglio, comincia la sua lenta discesa verso l'abisso. L'acqua non è proprio limpidissima. Però è già un brodo. Una piccola scia multicolore, moderno filo d'Arianna si srotola e segue Pietro che, giovanissimo Teseo senza Minotauro, s'immerge nel labirinto più grande del mondo.  
Pietro cammina sul fondo sabbioso e osserva le alghe danzare al ritmo di una musica invisibile. Il mare comincia ad accumularsi sopra la sua testa e i rumori che sente non riesce più a distinguerli tra fuori e dentro di sé.  Il sangue di Pietro rimbomba e corre come mai l'aveva sentito prima. E fuori, oltre la pelle, l'acqua marina risponde e intona un canto che il sangue sembra conoscere da sempre, da quanto è vecchio il creato, e risponde. 
Una folata, una spinta, verso il centro, verso il fondo. Per un attimo, un momento brevissimo, il battito di una triglia, la corrente è sembrata in grado di farlo volare. Poi niente.

Deluso, Pietro si accinge a ripartire, ma subito una voce da lontano lo chiama. Sott'acqua.
"Ehiiiii! tu laggiùuuu! Vieni quaaa, aiutamiiii!"
Pietro si guarda intorno. Di nuovo una voce si alza più avanti, nel blu più scuro.
"Aiutamiii!"
Il primo pensiero è M'hanno scoperto! Il secondo La prof. di Algebra! Il terzo è No, sto diventando matto del tutto... e così, più per capire fin dove potesse spingersi il suo cervello nell'elaborare arditi miraggi che per reale curiosità, Pietro si dirige verso la fonte dell'allucinazione. Che scopre essere un gambero, anzi un gamberone per la precisione, bello rosso e cicciottello. Che sbuffa e tribola.
"Puff...pant, pant... Ooh, meno male che sei arrivato, dammi una mano, aiutami."
"Cosa?!"
"Aiutami ragazzino, animo dai!"
"Ma tu parli?"
"Sì ragazzino, parlo e se vuoi scrivo anche, guarda te lo scrivo anche sulla sabbia" e con la chela comincia a strisciare sulla sabbia "Egregio... come ti chiami?"
"Pietro."
"Pietro e poi?"
"Specifico"
"Egregio Signorino Pietro Specifico, sebbene non sia a conoscenza dei motivi che La portano a visitare le nostre lande, vorrebbe farmi la suprema cortesia di riportarmi indietro, in linea retta, verso la riva? Le sarei infinitamente riconoscente. Firmato Suo Angelo Rosso. È soddisfatto ora?"
"Sì... cioè, No."
"Allora! Sì o no? La vedo alquanto confuso Signorino Pietro. S'è per caso perso in un bicchiere d'acqua? Ahahahahah - Uhuhuhuhuh - mi perdoni Signorino ma a certe freddure io, non so resistere, me lo dicono tutti i totani, che se la prendono sempre, uhhh, sapesse quanto son permalosi i totani, e solo perché li chiamo tontanti... mpfff l'ha capita? TONtanTI! ahahahahha, dovrebbe vedere che facce mi fanno quando li chiamo così, ahahaha... però una volta uno m'ha augurato di finire nel fritto misto... non è stato proprio carino da parte sua... comunque, Signorino Pietro, C'ha riflettuto bene a modo? Se La sente di aiutarmi?"
Pietro, ormai certo di stare sognando, aspettando solo di sentire il rumore delle tapparelle di camera sua alzarsi fragorosamente da un momento all'altro, risponde "Certo Signor Angelo, mi dica pure, sono a sua disposizione: cosa devo fare?"
"Vede quei cespugli viola e marron alle nostre spalle, signorino?"
"Sì, signor Angelo."     
"Bene signorino, io lì voglio tornare."
Pietro è entrato nella parte ormai "Certo, vecchio mio, è questione di un minuto e siamo a destinazione." e si china a raccogliere il gambero.
"Oooh! Com'è ben gentile signorino Pietro" dice Angelo il gambero tutto bello soddisfatto.
"Ma è casa sua quella, signor Angelo?" e girando su se stesso fa per cominciare il breve cammino che separa i  nostri due eroi dalla loro meta.
"Ahhhh! Sciagurato! Pazzo! Che sta facendo?! Vuole forse farmi morire?! Vuole forse rendermi infelice a vita?!"
Pietro si raggela di colpo. "Cos'ho fatto, signor Angelo?" chiede stupito.
"Lei stava per camminare dritto, Messere, son pronto a scommetterci tutte le antenne e una chela! Una cosa che nessun gambero degno di questo nome ha mai fatto da quando Gaia c'ha messo a passeggiare su questa rena."
"Ma me l'ha chiesto Lei, Signor Angelo, di portarla là dietro, o sbaglio?" risponde Pietro sbigottito.
"Sì ma come tante cose nella vita non importa solo il dove ma anche il come, e lei stava per contravvenire alla nostra legge di natura riassumibile nel motto: Se indietreggio seguitemi! se avanzo uccidetemi! poi c'è anche Se mi ammazzano non prendete il camarones a la plancha, ma quello è un altro discorso..."
"E quindi?"
"Quindi se vorrà aiutarmi, signorino Pietro, lei dovrà percorrere all'indietro la distanza che ci manca da quei cespugli."
"Ma come faccio, se non riesco a vedere dove vado!"
"È la stessa cosa che le avrei detto io se avesse insistito nella sciagurata idea di andare in avanti, sempre se non morivo prima di crepacuori, signorino Pietro."
"D'accordo, camminerò all'indietro" risponde Pietro cominciando a pensare se ci saranno ancora per colazione i suoi biscotti preferiti "però Signor Angelo, mi avviserà lei quando saremo arrivati."
"Certo signorino Pietro, sarò attentissimo, glielo giuro."
Pietro indietreggia, come richiesto dal gamberone parlante, come un astronauta quando mandi indietro la velocità dei filmati e intanto di nuovo chiede: "Signor Angelo, non mi ha risposto, è casa sua quella?" 
"Ohibò signorino Pietro, quando ha ragione ha ragione. Quei cespugli sono casa mia e dei miei avi da almeno ventiquattro generazioni. Sa, non per vantarmi ma siamo i gamberoni più nobili di tutto il golfo."
"Complimenti."
"Grazie. Anche se in effetti Le confesso che questa è una storia che ci tramandiamo, nessun esperto di araldica ce l'ha mai confermata... ma sa com'è in queste faccende, chiedere una certificazione, andare fino in fondo, potrebbe darci una grossa delusione, mia moglie Shrimpley mi cadrebbe subito in depressione."
"Ma senza scomodare gli esperti, non avete mai chiesto qui in giro? Non siete mai andati a sentire dai vostri vicini?"
"Spostarci? Andare a fare visita? ohohohohoh Signorino Pietro, non ci fosse la corrente, che due volte ogni giorno ci porta avanti e indietro dalla casa, noi non vedremmo mai oltre i confini della nostra proprietà, e francamente non ne sentiamo nemmeno troppo il bisogno. Siamo troppo impegnati a sorvegliare i nostri possedimenti, i nostri trofei, i nostri cimeli, per badare ad altro... mi stupisco anzi che ci siano creature come voi che possono anche solo pensare di poter immaginare un futuro e avanzare verso di esso, senza una solidissima famiglia e montagne di averi alle spalle..."
"Non ricordo bene chi, ma a scuola ho letto che c'era un tale che bruciava le navi dei suoi soldati per obbligarli ad avanzare, a combattere."
"Non so chi fosse, sicuro non era un gambero, né un gamberone... forse era un calamaro, sa, sia detto tra noi, quelli sono un poco pazzerelli, eheheheh! Siamo arrivati signorino Pietro, La ringrazio ancora infinitamente."
"Si figuri signor Angelo, è stato un piacere!" E non capita tutti i giorni di parlare con la propria cena - pensa Pietro mentre saluta e riprende il tragitto verso il fondo del mare.

(fine della seconda parte)

mercoledì 26 dicembre 2012

Una fiaba dal Natale alla Befana: Sul fondale (1)

C'era una volta, e forse c'è ancora da qualche parte chissà, un bambino basso e curvo, mogio mogio ma molto dolce.
Il suo nome era Pietro Specifico ed era un tipo molto particolare, anche se lui questa cosa di esser particolare non lo voleva, diciamo che - come spesso dicono in questi casi - gli era toccato uno strano e misterioso superpotere: ogni volta che entrava nell'acqua, lui, se non si muoveva, piano piano, lentamente, affondava.
Nonostante non sia mai retrocesso dalla prima fila nelle foto di classe delle elementari e delle medie e anche se il fisico era asciutto e sottile come quello di un mimo, Pietro, inspiegabilmente, immerso nell'acqua, in barba al principio di Archimede, poco a poco, sprofondava, senza ragione.
I genitori, esimi scienziati, pertanto curiosi e molto perplessi, come la mamma di Achille, ma armati di cronometro e arpioni avevano provato in mille modi a capirci qualcosa o almeno trovare un liquido che fosse in grado di sostenere il peso inerte del loro unico figlio.
Con l'acqua di mare. No.
Con l'acqua di lago. Niente.
Di fiume. Nulla. Di ruscello. Nada. Di canale. Affatto.
Al battesimo, senza dirlo al prete, perfino con l'acqua santa. Nix.
Acqua del Mar Morto. Ci avevano creduto per mezzo secondo. Tutti e tre. Poi all'improvviso i piedi e le gambe andarono sotto così rapidamente da mettere Pietro in verticale che come un Titanic in miniatura riuscì a dire a mamma e papà: Non posso morire! devo ancora finire di leggere il fumetto che mi ha prestato Victor Ugo Malinconico! L'uomo lavastoviglie contro il suo acerrimo nemico, l'uomo calcare! ...Ma se muoio, non restituiteglielo!
All'ultimo tentativo il padre stava per gettarlo nel silos trasparente pieno di gelatina al lampone ma all'ultimo minuto ci ripensarono e decisero di sospendere il ciclo di esperimenti, con grande rammarico del pubblico che si era venuto a creare. Per non parlare degli scommettitori...

Ma purtroppo era così. A Pietro non bastavano braccioli, salvagente, gommoni e nemmeno tavolette di spugna: se non si muoveva Pietro andava a fondo, solo e triste come una bottiglia vuota. Per questo, ma anche perché gli piaceva, era imbattibile a nuotare. Nessuno nuotava meglio di lui, e pure a trattenere il fiato era davvero un campione: Pietro riusciva a stare senza respirare anche due minuti interi, se voleva.
L'aveva scoperto a quattro anni quando la mamma si era dimenticata di agganciarlo al bordo della vasca. Mentre cominciava inesorabile a scendere in fondo alla vasca, Pietro aveva chiuso gli occhi, preso una bella boccata d'aria e poi aveva iniziato a pensare, ma forte, forte forte - come quando non vuoi sentire altro che la tua voce mentre sei in mezzo a tante persone, come alle feste - Io sono un sasso, un sasso, un sasso e un sasso. Io sono un sasso, un sasso, un sasso e un sasso. Io sono un sasso, un sasso, e così via. E aveva funzionato. Intorno a lui, ora, c'erano solo pace e silenzio, come forse doveva essere stato il mondo prima che tutto iniziasse.
Sfortunatamente la mamma, entrata di corsa, tutta trafelata, non sentendo schizzi e rumori, trovandosi davanti solo una montagna di schiuma bianca e soffice, non la prese così bene, ma le mamme, si sa, si spaventano con poco. Pietro ricorda ancora con un sorriso la faccia allungata della mamma che ha visto da sott'acqua, buffa come una maschera, disperata come in un quadro famoso dove c'è un omino che passeggia su un ponte e poi si porta le mani sulla faccia e apre la bocca in un grido infinito. A Pietro sarebbe piaciuto quel disegno in camera, ma non sapeva dove comprarlo, e neppure mamma e papà al momento sapevano essere precisi al riguardo...

Ma c'erano delle volte in cui Pietro diventava triste, molto triste, quasi come il suo compagno di classe Victor Ugo Malinconico. Gli succedeva sempre quando a scuola guardava dalla finestra gli uccellini oppure quei branchi di nuvole bianche come pecore scorrere rapide nel cielo, o le navi con le vele tese e gonfie scivolare placide su quelle immense distese d'acqua che per lui sarebbero state sempre impossibili da attraversare.
O forse no?

(fine prima parte)

martedì 4 dicembre 2012

Noema - raccontino erotico


Questo racconto è dentro a questo numero speciale sul Porno (è gratis, potete consultarlo e scaricarlo qui), contenente i contributi sul tema delle più svariate realtà scrittorie in zona emillica e non, redatto e impaginato da dei matti che si fanno chiamare Mumble:, che tra le innumervoli cose che sono e fanno, organizzano cose incredibili in tempi di crisi come l'Indidee, un festival dedicato all'editoria indipendente in Italia, giunto alla sua terza edizione il mese scorso. Ringrazio nuovamente i mumblàr e poi... Enjoy.


Era un ottobre caldo e assolato di qualche anno fa, come quello di questi giorni in cui sto scrivendo. Stavo andando a Bologna, avevo da poco cominciato un corso di editoria e come esercizio dovevamo scegliere un libro già pubblicato da rivisitare come linea editoriale, grafica e promozione. Dovevo ancora decidere cosa portare. E su quel treno, salendo a Carpi, ho aperto Il Paese delle ultime cose di Paul Auster (Guanda, 1996) che comincia così:
“Queste sono le ultime cose, scriveva. A una a una esse scompaiono e non ritornano più. Posso raccontarti quelle che ho visto, quelle che non esistono più, ma temo di non averne il tempo.” 
E in tre frasi questo libro, almeno a me, ha dato tutto il senso della perdita, della fine e dell'incessante tentativo dell'umanità di registrare, salvare, porre un limite all'infinita dissoluzione del presente e del passato nel futuro vuoto.
Il libro, la narrazione, non è altro che una interminabile lettera di una ragazza, Anne Blume (i più curiosi possono scoprire che è un nome con dietro una non piccola storia letteraria), a un non ben specificato ragazzo, che inevitabilmente, nel vorticoso gioco del tu e dell'immedesimazione, finisci per essere il tu che leggi in quel momento quel terribile resoconto. Una Sherazade che ti racconta, momento dopo momento, a te lontano e perciò inutile sultano, come sta lottando contro la morte, giorno dopo giorno.

A pagina dodici, lo ricordo perfettamente, ero già completamente dentro la storia e insieme ad Anne vagavo per i meandri della metropoli in cerca di cibo, vestiti, cercando di tenermi alla larga da tutto e da tutti, cercando di sopravvivere in questo mondo dopo che l'Apocalisse era già scesa e aveva portato con sé quasi ogni traccia di vita. A pagina dodici infatti, ho rischiato di restare fermo sul treno arrivato a Modena e di non prendere il treno, l'altro, per Bologna. Un sorriso gentile, mascara marcato, occhi verdi, un piercing al centro del labro inferiore color pesco, sopracciglia rifatte, capelli lisci nerissimi, dita morbide, unghie dipinte di viola che si sospendono un millimetro sopra il polso, il mio.
Siamo arrivati.
Dice con voce dolce, come non volesse disturbare.
Non fosse per questa apparizione sconosciuta, sarei rimasto su quel treno fino alla fine del libro.
Ringrazio, leggermente confuso, le belle ragazze mi danno sempre questo effetto. Lei scende con un sorriso sulle labbra. In un attimo mi chiedo cosa si prova a baciare due labbra così, con quel minuscolo pezzo d'acciaio al centro.
Ma devo affrettarmi. Devo scendere. Sul binario non la vedo più.

Salgo sul treno giusto, bramoso di scoprire cosa sarebbe successo alla nostra eroina, mentre stiamo per sfuggire a un posto di blocco di gang che ormai controllano a macchie le vie della città, incappo in pagina diciassette:
“Ti ricordi? Quanto mi piaceva dirti le bugie, farti credere alle mie storie e osservare il tuo viso diventare serio mentre ti conducevo da un luogo eccezionale all 'altro. Poi ti dicevo che era tutto inventato e tu cominciavi a piangere. Amavo quelle lacrime quanto il tuo sorriso. 
Sì, probabilmente ero un po' perversa, persino a quei tempi, con quei vestitini che mia madre era solita farmi indossare, con le mie ginocchia ossute e coperte di lividi e la fica glabra da bambinetta. Ma mi amavi vero? Mi hai amato fino a diventare pazzo.”  
Ecco, io, in questo punto esatto, ricordo benissimo di aver alzato lo sguardo per vedere se qualcuno in tutto lo scompartimento si fosse accorto che ero diventato, completamente, rosso.
Rosso di passione, di desiderio, di vergogna.
L'erezione, naturale, potente, era camuffata sotto la giacca e le braccia appoggiate sui fianchi, ma la faccia, dio mio, come avrei potuto camuffare la faccia!
Sentivo il sangue e il suo calore circolare in zone che normalmente non pensiamo nemmeno che ci possa arrivare, come le proverbiali punte delle orecchie.
Ero certo che se mi avessero anche solo chiesto una cosa a caso, avrei fatto fatica a mettere insieme due consonanti. Dubito anche che si sarebbe sentito qualcosa, la mia gola era secca come un canyon. E se si fosse rifatta viva la mia salvatrice, occhi-verdi-e-piercing-al-labbro? anche solo per dirmi che adesso eravamo arrivati a Bologna? La risposta era solo Atti Osceni In Luogo Pubblico.

Per mia fortuna lo scompartimento era quasi vuoto e in ogni caso, nessuno dei posti intorno a me, o da cui potevo essere visto, erano occupati. Anche se credo che del mio improvviso avvampare se ne sarebbe accorto anche il macchinista all'altro capo del treno.

Quest'anno, per motivi di studio, m'è capitato di scorrere la lista delle figure retoriche e, come tutti, per meglio memorizzarne i nomi, li associavo agli esempi che mi venivano più spontanei. Così per l'onomatopea in testa mi dico  la parola tortora, per l'adynaton immagino il cammello con l'ago e i ricchi in paradiso, e per la noema (- evidenziare un concetto esprimendolo con uno stile differente rispetto al contesto - ) io penso sempre a un treno, a una ragazza col piercing, a una fichetta glabra e al sole d'ottobre.