lunedì 16 settembre 2013

Strane

È la parola, e io ripeto, non chiedo di più. Niente al mondo è più bello che scrivere. Anche male. Anche in fondo da far ridere alla gente. L'unica cosa che so è forse questa.
Già che ci sono, piuttosto, vorrei augurare a ogni uomo dopo aver fatto tutti i mestieri del mondo, di arrivare un giorno a scrivere un grosso romanzo (bello o no poco importa: affare suo: semplicemente questione di stella): di impiegarci due anni e anche tre o magari anche un bel pezzo di vita. Ma lo dico sul serio: non ho la minima idea di scherzare. Tutti gli uomini tra i trenta e i quaranta, non dovrebbero poi far così male a fermarsi un momento: poi guardarsi e guardare anche gli altri e scrivere un grosso romanzo col più gran numero di personaggi possibili. Ne varrebbe la pena, direi. Moltissime cose, suppongo, e magari anche i soldi e l'amore e il desiderio di vincere e il gelo della delusione, non dovrebbero poi avere più una così ossessiva importanza. Forse tutto questo è chiarissimo e neanche c'era bisogno di dirlo: o forse anche no. Mi dispiace. Quel che importa a ogni modo è che anche adesso non ho la minima idea di scherzare o anche peggio di fare lo strano. Strane, in fondo, da fare quasi paura, sono solo le cose assolutamente normali.

(Silvio D'Arzo, Prefazione a Nostro Lunedì in L'uomo che camminava per le strade, Quodlibet, 1993, pg. 10)