lunedì 10 settembre 2012

Back to School 16: scrivi l'incipit di un racconto o un romanzo

Il finestrone a piano terra dell’istituto è bello grande, di quelli a tre ante, che ci puoi vedere tutta la vallata fino a Giulianova. Manlio l’ha appena richiuso e adesso torna alla sua tazza di tè. L’odore di neve è scivolato dentro immediatamente, mescolandosi al tanfo di disinfettante della stanza. L’unico rumore adesso lo faccio io. Clic-clac, clic-clac, sempre e solo clic-clac. Sto attaccando le fibbie a queste borse no-profit, una cosa che riesco a fare ad occhi chiusi. Ma i miei occhi sono aperti, mi servono, voglio capire perché Manlio ha gettato la sua clip fermasoldi dalla finestra. Beve qualche sorso, ma non ha paura di scottarsi, e subito s’affretta a sputazzare i pezzettini di limone che ci son caduti dentro. Sembra che stia pensando a qualcuno o qualcosa, qualcosa di molto lontano da qui. Appoggia la tazza e torna di nuovo verso la finestra.
Eccolo lì” dice. Sembra rassegnato, come quando ci guarda dopo che abbiam fatto un danno. Non ho bisogno d’avvicinarmi, ho ancora gli occhi buoni io, non come i suoi, deboli e rossi, bacati a furia di star sopra a dei libri vecchi.
Anche se fuori è buio lo vedo bene Juan, lo riconosco da qua. È l’inserviente del primo piano, magro magro, con una faccia piatta e i capelli lunghi legati con la coda. Insieme agli altri lo chiamiamo el Matador, anche se è del Venezuela, ma ogni tanto improvvisa delle giravolte, mentre schiva le  cariche scomposte di Uccio e Gelo, e così il soprannome gli è rimasto. Juan è un’ombra nera contro la neve delle colline sullo sfondo, ed è scalzo, indossa solo quei buffi maglioni di lana grossa che da qualche ora tutti si sono affrettati ad indossare mentre sotto è nudo, gracile come uno stecco, sembra uno di noi quando ci portano a lavare. Si muove piano piano, nonostante le nuvolette di freddo che fa il suo respiro, sta cercando qualcosa e Manlio allora ha un brivido, apre un’anta del finestrone e mentre Juan è chino sullo stesso punto dove la clip è finita urla: “fermo! non lo fare!” Juan gira la testa, la coda che gli penzola di lato.
Non posso vedere la faccia da qui, posso solo immaginare l’espressione da simpatica canaglia che starà tirando fuori, quella solita del furto dell’ultima brioche o del mazzo di carte requisito ai ragazzi per poi usarlo in guardiola con i sorveglianti della notte. Ma qualcosa non torna, el Matador comincia a mugugnare, lancia qualche rantolo mentre si rialza e comincia a vorticare, non sono le sue solite piroette, sembra una strana danza alla luna, come quelle dei film western coi pellerossa in cerchio, ma lui è da solo, si agita, come per uno degli attacchi che aveva Ester, sempre più velocemente e poi, di colpo, crolla.
Scatto in piedi, m’avvicino a Manlio, non so cosa fare, guardo lui e il corridoio, sto per correre fuori verso l’uscita ma Manlio mi prende per il braccio, una presa delicata, da femminuccia rachitica, e mi dice: “è tutto inutile oramai, torna al tuo posto, a Juan ci penseremo noi.”.
Il volto di Manlio è triste, sembra che stia ancora pensando a qualcosa di lontano. Mi devo fidare di lui, per el Matador non c’è più niente da fare, come per tutti quegli altri. Manlio richiude l’anta, sospira e qualche sibilo passa tra i denti sgranati che si ritrova in bocca. Immobile mi guarda, dall’alto in basso, e a bassa voce scandisce: “Pecunia non olet sed necat… il denaro non sporca ma uccide, adesso”. Poi coi guanti di lana cerca di prendere il manico della tazza di tè ancora caldo.


Con questo i miei compiti sono finiti, la storia descritta qui sopra invece sta andando avanti, forse, chissà...la prossima settimana qui in Emilia le scuole riaprono, sembra di aver capito. Quindi Welcome Back to School e buon anno, a tutti, non solo agli studenti, perché, come diceva quello, Nella vita gli esami non finiscono mai.



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Karl Kraus